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ONORE A DANIELE PALLADINI, Il militare morto quest'oggi in Afghanistan

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Miss.Parker
view post Posted on 25/11/2007, 11:44 by: Miss.Parker




L'addio a Daniele, "un eroe normale"
"Era un bravo meccanico, amava il calcio e la bici"

MASSIMO PUTZU
NOVI LIGURE
State tranquilli, non preoccupatevi, è più pericoloso girare per le strade italiane che qui a Kabul». Così Daniele Paladini aveva tranquillizzato i familiari tre giorni fa durante la consueta telefonata alla moglie, Alessandra Rizzo, e alla figlia Ilaria di 6 anni. C’era il desiderio di evitare ansie alla famiglia, è ovvio. Ma c’era anche tutta la personalità dell’uomo, prima che del soldato, e il senso della sua vita: la normalità. Stava facendo un mestiere pericoloso, lo sapeva: «Ma era il suo lavoro, l’aveva scelto nel bene e nel male», dice il cognato Antonio Greco. E’ lui ieri, davanti alla casa di Novi Ligure, a dover raccontare il dolore e la sofferenza di questo momento. Paladini doveva tornare a casa in gennaio, ora lo chiamano eroe. Senza il suo intervento e quello dei colleghi la strage poteva assumere dimensioni spaventose.

«Ma questo, purtroppo, non è un film - continua il cognato - e Daniele non era un tipo alla Bruce Willis, non era un temerario, un superuomo. Tutt’altro: gli piaceva fare cose tranquille, e voleva tornare a casa. Gli piaceva andare a pescare. Qui attorno i posti per gli appassionati non mancano: ci sono torrenti e corsi d’acqua. E poi la bicicletta». Ecco, andare in bici sulle strade di Fausto Coppi e Costante Girardengo... «Sì, ma non era un campione, la bicicletta per lui era un mezzo di trasporto o di svago. Per andare in giro». E lo sport? «Un po’ di calcio, anche praticato non visto solo in televisione. Come tanti». Il calcio, o il calcetto: distrazione comune a un altro novese «normale» travolto all’improvviso da una tragedia infinita, il papà di Erika. Con l’ingegner De Nardo, Daniele Paladini condivideva anche un altro aspetto del carattere: la serietà.

Lo conferma il suo comandante di unità a Piacenza, Mario Tarantino: «Era un bravo meccanico. Era la sua specialità». Viene in mente il protagonista de «La chiave a stella» di Primo Levi: gente che sa fare le cose per bene, senza vanterie, senza clamore, quasi con pudore. «Un ragazzo comunque eccezionale, disponibile, amato da tutti, con una grande esperienza: due missioni nel Kosovo. Sapeva quello che rischiava». Sembra un po’ un «cliché», ma poi il comandante aggiunge una frase: «Non era uno che si tirava indietro». Non lo ha fatto neanche vicino a quel maledetto ponte. Era partito da Lecce per fare il militare, come tutti. Poi la scelta di proseguire nella carriera. «Anche perché gli dava la possibilità di occuparsi di motori, la sua grande passione». A parlare stavolta è Giovanni Stefanizzi, lo zio che sta a Seregno. «Siamo venuti al Nord assieme, lui aveva perso il papà e in me forse vedeva un sostituto».

Parenti, ma anche compagni di viaggio: «Sì, condividevamo la passione per il camper, avevamo fatto viaggi insieme in Italia, Francia, Spagna. E se ognuno andava per conto proprio, poi ci raccontavamo le nostre avventure. Per noi le avventure erano quelle». L’ultima volta a giugno. «Ci disse che a luglio sarebbe partito per l’Afghanistan. Stavolta sarebbe stata più dura che in Kosovo. Non erano previste pause, neanche di pochi giorni, per tornare in Italia. Non amava il rischio, sapeva quel che faceva, ma sapeva anche che sarebbe stata una missione più impegnativa». Ma lui era uno che non si tirava indietro. Forse proprio come la maggior parte delle persone normali. Come la sua famiglia che ora chiede di poter conservare questa normalità. A confortare Alessandra, ieri sono arrivate anche mamma e sorella.

«Eravamo consapevoli dei pericoli che correva. Però lui ci diceva che tutto andava bene. Nell'ultima telefonata era tranquillo e voleva che lo fossimo anche noi. Lo avevo salutato e mi aveva confermato che tutto procedeva bene. Ora chiediamo il rispetto di questa nostra tragedia personale, vogliamo gestire il nostro dolore in maniera accettabile e con dignità». Non è facile. Troppa gente sente di dover venire qui davanti alla villetta di Novi. Il sindaco, Lorenzo Robbiano, ed il generale Piercorrado Meano, comandante della Regione Liguria, sono stati fra i primi ad arrivare nella casetta a due piani. Una zona circondata da terreni coltivati, dove le case hanno tutte un giardino attorno. «Siamo stati noi - dice il generale Meano - a portare la notizia. Nel tentativo di evitare uno strage ancora maggiore, Daniele si è avventato contro il kamikaze e lo ha placcato esplodendo e morendo con lui. Così ha salvato dalla morte tanti altri bambini. Se non è un eroe questo...».

Ieri pomeriggio è arrivato anche il Capo di Stato Maggiore, Franco Cravarezza, e in serata ha telefonato il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Novi Ligure ha dichiarato il lutto cittadino. Arrivano gli amici e vanno via a testa bassa. Con la moglie, che aspettava il ritorno d’un soldato vivo, resta lo staff di sostegno psicologico.
 
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23 replies since 24/11/2007, 20:41   360 views
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